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MARTA PORETTI RACCONTA IL SUO TOR DES GEANTS 2016

330 chilometri, e 24.000 metri di dislivello, tra le Alte vie della Valle d’Aosta, tra le insidie del trail più duro al mondo

Era partita per un viaggio differente, Marta. Ma, come spesso succede nella vita, non sempre le cose vanno come dovrebbero andare. E non conta che tu sia una campionessa e che non abbia lasciato nulla al caso, dall’allenamento alla scelta del team… perché ci sono viaggi così, che iniziano male, e proseguono, se possibile, anche peggio. E questo è stato uno di quelli: Marta partiva per essere protagonista, Marta è stata protagonista… ma arrivare con venti ore di ritardo rispetto alle proprie (realistiche) attese, non poteva renderla… felice. Felicemente amareggiata, al limite.

Le abbiamo chiesto di raccontarci il suo “Tor”… e Marta ha cominciato a parlare. Non sono servite altre domande… è stato un monologo, di quelli che servono per ‘buttar fuori tutto’, per togliersi un peso… forse un po’ del peso della delusione…

“Avevo tutto per fare bene… un ottimo team, che mi ha supportato durante tutta la gara, e quella che ritenevo essere una buona preparazione. Mi ero fatta seguire da un’alimentarista e da un fisioterapista ed avevo anche migliorato la tecnica di corsa… ma purtroppo non è andata come volevo.” Sono state queste le parole con le quali ha sintetizzato il suo “Tor” Marta Poretti, una delle atlete top alla partenza dell’edizione 2016 del Tor des Geants, l’endurance trail di 330k con un dislivello complessivo di 24.000 metri che si è corso dall’11 al 18 settembre in Valle d’Aosta.

“Fin dall’inizio ho avuto dei problemi fisici che mi hanno impedito di alimentarmi ed idratarmi bene – ha spiegato Marta: non riuscivo né a mangiare né a bere. Ma nonostante tutto ho tenuto fino a circa 50k dalla fine… a quel punto la testa ha cominciato a vacillare, trascinata dal fisico. Ai ristori mi ‘trattenevano’ più del dovuto, vedendomi in difficoltà: col senno di poi, è stata la decisione più giusta. Quando sono tornata in me, sono partita a cannone… ma era troppo tardi. Anche la notte è stata dura, soprattutto perché, avendola corsa pressoché tutta da sola, in un paio di circostanze mi sono sentita un po’ ‘persa’ in mezzo al buio… E niente, sono arrivata con venti ore di ritardo, rispetto a quanto avrei desiderato…”

“Per quanto riguarda i muscoli ed i piedi, invece – ha proseguito dopo un istante di pausa Marta -, devo dire che sono stata benissimo: come sempre ho utilizzato l’intimo tecnico a compressione graduata di Oxyburn, dalla maglia ai pantaloncini, eccellenti sui quadricipiti fino alle calze, che sostengono moltissimo la muscolatura del polpaccio ed evitano le vesciche, ed al mio inseparabile buff.”

Senza dubbio un esperienza unica, quella vissuta da Marta, ma che le ha lasciato l’amaro in bocca. Certo, il “Tor” è il “Tor”, ed il “Tor” non è per tutti… ma lei, che ha vinto per ben tre volte La Grande Corsa Bianca, aspirava ad un risultato migliore… come la Pellegrini alle Olimpiadi di Rio, così per dire… Quindi la delusione ci sta, unita alla consapevolezza di aver comunque saputo portare a termine una gara che nonostante l’ottima preparazione si è rivelata difficile fin dall’inizio.

Quindi complimenti a Marta per la tenacia e la forza di volontà, ed un arrivederci a prestissimo tra i sentieri di montagna…ù