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MAURIZIO GHIDINI: “HO SOFFERTO TANTO ALL’ULTRA TRAIL MONTE BIANCO, MA L’HO FATTO PER…”

Un anno fantastico per il testimonial di Oxyburn che ha tagliato tanti traguardi, l’ultimo il più importante.

Ha iniziato a Febbraio a macinare chilometri con in testa oltre all’immancabile bandana Oxuburn, un solo grande e mitico obiettivo: l’Ultra Trail del Monte Bianco. Maurizio Ghidini è uno di quei runner, trailer, ironman, che vedi in giro e non lo dimentichi più. Alto e imponente, veloce quanto basta per stare coi primi, aspetto da duro e cuore grande, capelli e barba da eroe, gentilezza e umanità da primo della classe.

Hai spinto sull’acceleratore per tanti mesi, dove ti hanno portato le tue gambe?
“Direi che è stata una stagione molto impegnativa e travagliata, non solo dal punto di vista sportivo. Nel contempo è stata anche molto molto divertente, diciamo che dopo una bella preparazione invernale sono partito con un mix tra strada e trail iniziando dalla Giulietta&Romeo Half Marathon, poi la Maratona delle Terre Verdiane e la Ronda Ghibellina, Maratona di Brescia e Siena Ultramarathon 50km, 100km di Seregno, la Toscany Crossing, la Nove Colli Running, il Magraid ed infine l’Ultra Trail Monte Bianco”.

Quindi…in chilometri?
“Più o meno 5000…”

L’Ultra Trail Monte Bianco era l’obiettivo finale, come è andata?
“È stata un’esperienza che non dimenticherò mai per tutta la vita. Mai mi ero emozionato tanto, sia prima, durante che dopo una corsa. Certo i tempi sono stati un poco altini: 45ore e 45 minuti, ma essere coccolato per due notti dalla luna piena che argentava ruscelli e ghiacciai vale più del cronometro.

Questo il lato ‘romantico’…ma non credo sia stato tutto facile?
“Poteva anche andare molto, molto peggio. Dopo un versamento dovuto ad un’infiammazione avevo il ginocchio come un ‘cotechino’, ma essendo oltre il chilometro 110 non era facile decidere di ritirarsi. Quindi dopo un ‘pit stop’ di oltre due ore e un tira e molla con gli organizzatori decido di ripartire e provare a continuare contando solo ed esclusivamente sull’aiuto della testa e dei miei amici…tutti quelli che contano nella mia vita”.

Avevi anche una motivazione particolare per dover arrivare fino in fondo, ce la racconti?
“La mia grande forza è stata proprio affidarmi al mio cuore, ascoltare e ascoltarmi. Il mio grande desiderio di portare un messaggio che va ben oltre alla gara in se mi ha spinto fino a Chamonix, infatti oltre che dimostrare a me stesso di potercela fare anche in condizioni cosi difficili, dovevo “dimostrare” al mio amico Giammy che sarei stato con lui e lo avrei portato fini all’arrivo.
La sua grande forza e il suo altruismo ti fanno superare ogni cosa, ogni difficoltà. Il Giammy, il mio amico Giammy, con il suo desiderio profondo di aiutare gli “altri”, nonostante la sua lotta continua con la distrofia muscolare, ci dimostra concretamente e quotidianamente cosa vuol dire essere altruisti. La sua lotta diventata per me un esempio, unico e raro, di cosa vuol dire credere e amare la vita”.

Parliamo di Oxyburn, come ti sei trovato?
“Per quanto riguarda l’abbigliamento ero molto sicuro e tranquillo sapendo di avere materiale molto affidabile, sicuro e tecnicamente adeguato alle condizioni che ho trovato. Dal sole cuocente di giorno credo a 30 gradi, alla notte in quota con vento dove si scendeva a 5 gradi Ho usato le mie calze preferite, le 1465 Trail-Run, ilpantaloncino 5030 Shout, la maglia 5055 forty-two. La sera maglia 5025 build e pantalone 5035 Rampage. Immancabile ovviamente il manicotto 1312 Start e l’Oxybuff fedele compagna di ogni avventura…”

C’è spazio per sognare qualcosa di grande anche per il 2016?
“Dopo un breve e per fortuna veloce periodo di scarico e recupero dal piccolo infortunio si riprende con la solita passione ed entusiasmo godendo con grandissima gioia e consapevolezza il dono immenso della vita. Per quanto riguarda il 2016 vorrei lasciarmi trasportare dal mio istinto che al momento giusto mi indicherà quali nuovi viaggi affrontare…”