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MARIA ILARIA FOSSATI: “COSÌ SI DIVENTA ULTRAMARATONETI…”

Prima a La 100 e Lode 100km ed alle recenti 6 Ore di Reggio Emilia e 24 Ore di San Martino, terza alla Nove Colli Running ed alla Lupatotissima 12 Ore, oltre a numerosi altri piazzamenti di assoluto prestigio: è questo il palmarés 2015 dell’ultramaratoneta varesina, ma milanese d’adozione, Maria Ilaria Fossati.

Chi è Ilaria nella vita di tutti i giorni?
Sono un chimico, lavoro nel settore farmaceutico e posso dire di amare molto il mio lavoro: sono una persona privilegiata, una di quelle che la mattina si svegliano contente di andare a lavorare.

Quando hai cominciato a correre e perché?
Ho iniziato a correre seriamente nel 2005, quando mi sono trasferita a Milano. Sono di Varese e là praticavo la pallavolo, oltre ad andare in montagna tutte le volte che mi era possibile. Arrivata a Milano, mi sono dovuta reinventare ed ho scoperto la corsa: la mia prima maratona l’ho corsa quasi subito… è stata la Milano Marathon 2005, indicabile anche perché è stata l’edizione della neve e dei pomodori contro i concorrenti. La prima 50km, invece, l’ho corsa nel 2008 e la prima 100km nel 2009.

Quali sono le tue distanze preferite?
Ad ora le mie gare sono le 24 Ore, che corro, con orgoglio, con la maglia della Nazionale italiana.

Potendo scegliere, cosa correresti più volentieri, un ultratrail o un’ultramaratona?
Ho il cuore diviso tra i trail, che mi piacciono molto, e le ultramaratone su strada, che in questo momento sento più mie. Correre su strada o su pista è ‘più facile’ che su sterrato o single track, dove ogni discesa, ogni sasso, ogni radice può essere un pericolo e la caduta è dietro l’angolo.

Come ci si prepara alle ultradistanze?
Con gradualità e testa. Bisogna imparare piano piano a gestire lo sforzo fisico e la mente, i tempi di recupero ed i riposi, ma anche ad alimentarsi ed idratarsi correttamente. Per arrivare a correre una 12 o una 24 Ore occorrono anni… ma il nostro fisico si abitua a tutto, con gradualità! Per quanto riguarda la ‘testa’, invece, ritengo sia necessaria una certa predisposizione naturale alla gestione della sofferenza…

Qual è la gara che ‘devi ancora correre’?
Difficile… Qualunque ultramaratona negli Stati Uniti, una Spartathlon e, soprattutto, una 48 Ore.

E quella che ricordi con più piacere?
La Nove Colli Running è la gara che mi ha sempre dato le sensazioni più belle. Quella da dimenticare? Nessuna. Non ricordo ritiri ‘drammatici’ in gara… e il mio carattere mi porta a terminarle sempre dando il massimo, ma in primis rispettando il mio corpo.

La tua gara preferita in assoluto?
Una? No, no… Diciamo che ho alcuni appuntamenti fissi a calendario: la Trans d’Havet, l’UT4M, l’ultratrail del Lago di Como, l’Ultra di Reggio, la 24 Ore di Grenoble e quella del Principato di Montecarlo e la mia preferita per eccellenza, la 100km di Seregno.

Ci racconti il tuo rapporto con l’abbigliamento Oxyburn?
Si tratta assolutamente di ottimi capi tecnici. Tutto l’abbigliamento a compressione graduata è eccellente, ma secondo me le t-shirt sono fantastiche: regolano la sudorazione e tengono caldo quando fuori è freddo, e rinfrescano durante l’estate. Puoi tenerle per quaranta ore di fila restando sempre asciutto: di conseguenza ti permettono di non cambiarti e, così, risparmi tempo durante le ultradistanze.

E ‘da grande’, cosa pensi di fare?
Mi piacerebbe organizzare eventi di ultradistanze, per poter mettere le mie conoscenze, le mie competenze e la mia passione al servizio di gare di questo genere. Credo che in eventi come questi ci sia ancora molto da fare ed imparare, ma soprattutto farsi conoscere e rispettare. Sono convinta che dietro un ultramaratoneta ci sia un grande atleta, anche se con caratteristiche diverse da chi corre distanze più brevi. Ma c’è posto per tutti “on the road”!